Totaro mostra Crossings - Intervista. La personale, presentata da Mariateresa Zagone, rientra nell’ambito del progetto “Opera al Centro”, curato da Giuseppe La Motta.
TOTARO MOSTRA CROSSINGS – INTERVISTA
Totaro mostra Crossings – Intervista. Dal 24 maggio al 4 giugno il foyer del Vittorio Emanuele ospita la personale “Crossings” di Francesco Totaro.
Artista versatile che, per la prima volta, espone nella propria città, lasciata all’età di diciannove anni alla volta di Modena.
Crossings, presentata da Mariateresa Zagone, rientra nell’ambito del progetto “Opera al Centro”, curato da Giuseppe La Motta.
«Ai più, questa narrazione sembrerà un viaggio fantascientifico, ma accade spesso che l’arte e gli artisti accompagnino o precedano i cambiamenti di portata epocale.»
Questa è la frase scritta sui pannelli di apertura alla mostra “Crossings”, gli attraversamenti che portano il sé custodito dentro noi stessi verso un percorso neo-umanistico, che possa recuperare l’essenza dell’uomo.
Essenza umana da non considerarsi secondo il pensiero latino della parola homo da humus, ovvero la terra, che richiama la limitatezza dell’humanitas.
Sebbene siano trasversali i concetti di terra e luce, sono comunque complementari e inclusivi, tali da perfezionare il cammino dell’Uomo dentro e fuori del proprio sé, smascherando la persona che appare e illuminando l’autoconsapevolezza.
Bensì, secondo un pensiero neo-umanistico interpretato dai 14 acrilici di Totaro che riportano al concetto greco di ánthropos, scomposto da taluni autori nelle radici én-trépo-phós, ovvero “ente che si orienta verso la luce”.
Crossings sembra evocare il Mito della caverna di Platone, lo status di finzione vissuto dai prigionieri sin dall’infanzia, disorientati nel pensiero e deformati nell’atteggiamento dalle ombre riflesse sulla parete della caverna, ignorando l’essenza consistente nella luce intellettiva, nell’energia scaturita dalle Idee che abitano l’Iperuranio.
Il percorso suggerito da Totaro invita a ritrovare l’Iperuranio dentro noi stessi, a rinnovare la luce interiore, liberandoci di sovrastrutture imposte da una società deviata dalle esigenze consumistiche e asservita all’apparenza, che hanno la durata delle stesse ombre riflesse sulla caverna platoniana.
Crossings è assimilabile ad un film in 14 sequenze, dove i guardiani della soglia dagli abiti scuri e pesanti iniziano a ritroso un viaggio introspettivo, guardando di sottecchi gli spettatori, anonimi compagni di viaggio che si possano incontrare durante la vita, con i quali confrontarsi e scambiare l’energia evolutiva che contraddistigue l’Uomo.
Il viaggio si rivolge al proprio passato, perché dimora dei nostri padri, riferimento indelebile di una società vissuta sotto il segno della condivisione reale e non virtuale, fenomenica, liquida, omologata come quella attuale.
Abbiamo chiesto all’artista quale sia il modo per individuare la sfera luminosa, tratteggiata sulle tele come si trattasse di un Sacro Graal.
«La luce siamo noi.» risponde Totaro.
Soltanto quando avremmo ritrovato i valori indelebili ereditati da chi ci ha preceduto, quella primordiale luce interiore – tratteggiata come una sfera luminosa – inondante gli sfondi rosso, azzurro o verde-ottanio – potrà materializzarsi a tal punto che il vissuto, portato nel bagaglio dai viaggiatori sulle tele, progressivamente si sgrana nei colori.
Allo stesso modo si frammenta la fisionomia cromatica del volto e del corpo, prima abbagliati dalla sfera luminosa, poi attraversati dalla luce che diventa interiore e nel contempo visibile con sottili pennellate bianche.
La luce interiore diventa visibile perché autodeterminatasi, quindi concreta anche al di fuori di noi stessi.
«Viviamo in un momento in cui le paure sono una parte prepotente nella nostra vita. Riscopriamo noi stessi» dichiara l’artista.
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