Bancarotta in odor di mafia, arrestato

Bancarotta per favorire cosa nostra. Nel mirino la società dell’imprenditore che opera nel settore dell'installazione degli impianti di telecomunicazioni

Bancarotta in odor di mafia, arrestato

Bancarotta in odor di mafia, arrestato. Imprenditore catanese fermato dai finanzieri del comando provinciale di Catania.

Bancarotta in odor di mafia, arrestato

Bancarotta in odor di mafia, arrestato. I Finanzieri del comando provinciale di Catania hanno posto agli arresti domiciliari Giuseppe Consolo.

Il provvedimento cautelativo nell’ambito di un’inchiesta su bancarotta fraudolenta, patrimoniale e documentale.

Nei confronti dell’imprenditore eseguita un’ordinanza del Gip, emessa su richiesta della Procura, che ipotizza anche l’aggravante di avere favorito l’associazione mafiosa Pillera-Puntina.

Le indagini del nucleo di Polizia economico-finanziaria delle Fiamme gialle focalizzate sulla società fallita T. C. Impianti di Catania operante nel settore dell’installazione degli impianti di telecomunicazioni.

Il rappresentante legale, Francesco Marino, e i soci e amministratori di fatto della società, Giovanni Consolo e Massimo Scaglione, già aggiunti da misure cautelari personali e reali eseguite lo scorso maggio dalla guardia di finanza.

Bancarotta e rapporti con la mafia

Bancarotta in odor di mafia, arrestato

Scrive la Procura che gli approfondimenti del nucleo Pef hanno consentito, nell’attuale fase del procedimento, in cui non si è pienamente realizzato il contraddittorio con le parti, di evidenziare che:

«Giuseppe Consolo, anch’egli individuato come amministratore di fatto della società fallita, assieme agli altri indagati avrebbe avuto presunte condotte distrattive del patrimonio aziendale». E in particolare con:

«la cessione a prezzo ritenuto non congruo del ramo d’azienda della ‘T. C. Impianti’ a favore di una nuova società appositamente costituita, “Easytel”, che di fatto, è la tesi dell’accusa, ne ha continuato l’attività imprenditoriale».

Inoltre, l’imprenditore è accusato di:

«avere cagionato il dissesto della “T.C. Impianti” con operazioni dolose, tra le quali il presunto, sistematico omesso pagamento dei debiti tributari” e “finalizzate a creare pregiudizio ai creditori”.

Si sottolinea dalla Procura che le indagini della guardia di finanza:

«hanno valorizzato anche le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, hanno inoltre permesso di evidenziare che le citate condotte sarebbero state poste in essere al fine di agevolare le attività criminali del clan Pillera-Puntina».

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*