VITTORIO EMANUELE, APPLAUSI PER LA VEDOVA ALLEGRA

Gran finale della stagione musicale di Messina con l’operetta “La vedova allegra”

Vittorio Emanuele, applausi per La Vedova allegra. La musica diventa parte essenziale dell’operetta: vivace nei dialoghi corali, avvolgente negli incontri rivelatori di un sentimento ancora presente, trepidante nella malinconica ballata cantata dalla vedova Hanna.

VITTORIO EMANUELE, APPLAUSI PER LA VEDOVA ALLEGRA

Vittorio Emanuele, applausi per La Vedova allegra. Gran finale della stagione musicale a Messina con l’operetta “La vedova allegra”.

andata in scena lo scorso venerdì 31 maggio (con repliche nei giorni domenica 2 giugno e martedì 4 giugno).

Il pubblico catturato dalla dova allegra, regia di Victor Carlo Vitale.

La commedia musicale è stata eseguita dall’Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele, diretta dal Maestro Giuseppe Ratti, e prodotta dall’E.A.R. Teatro di Messina.

Con la partecipazione del Coro LiricoFrancesco Cilea” diretto da Bruno Tirotta.

Vittorio Emanuele, applausi per La Vedova allegra

La vedova allegra (Die Iustige Witwe) è l’operetta più celebre e rappresentata, quella stessa rappresentazione che rende famoso il compositore Franz Lehár, quando decise di riconsiderare un libretto di Victor Léon Leo Stein.

Essi elaborarono il testo da una pochade (genere di commedia francese basata su canovacci su schermaglie e intrecci amorosi) del drammaturgo e librettista Henri Meilhac, L’attacché d’Amassade (1861).

Il libretto di Léon e Stein, rifiutato dal compositore Richard Heuberger, fu poi proposto e accettato da Franz Lehár.

Da qui la prima de La vedova allegra quel 30 dicembre 1905 al Theater an der Wien.

Perché l’operetta, un genere teatrale forse démodé, ancora cattura l’attenzione del pubblico?

Forse perché riunisce tutte le caratteristiche necessarie per mettere in scena una pièce.

La musica e la danza, la recitazione e la gestualità, la goffaggine e l’ironia, che smascherano le verità taciute e i malintesi escogitati in una teatralità corale.

Vittorio Emanuele, applausi per La Vedova allegra

Nella nota introduttiva il regista Victor Carlo Vitale dichiara: «E` inutile dire che, la trama non si tocca, stiamo parlando de “La vedova allegra” […]».

L’operetta, ambientata a Parigi, è incentrata sul tentativo dell’ambasciata dello stato balcanico del Pontevedro di fare sposare la ricca vedova Hanna Glawari.

Il famoso personaggio interpretato dal soprano Maria Francesca Mazzara, con il conte Danilo Danilowitsch, in scena il tenore Federico Veltri.

Si apre il sipario sulla scenografia allestita con un’eleganza essenziale, padroneggiata da un triclinio rosso, da una balconata e da uno sfarzoso lampadario, però montato obliquo, quasi volesse anch’esso interpretare la preoccupazione latente in ambasciata.

Difatti, si teme che l’avvenente e giovane Hanna Glawari, erede del cospicuo patrimonio del deceduto consorte, il ricchissimo banchiere di corte Glawari, possa scegliere in seconde nozze un francese, così da causare il tracollo della Banca Nazionale Pontevedrina.

Tutti impegnati nell’architettare un matrimonio idoneo a garantire che il capitale non fuoriesca dello stato di Pontevedro, così da incaricare il conte Danilo Danilowitsch di fare innamorare di sé la vedova Hanna.

Gli ideatori dello stratagemma sono: l’ambasciatore Mirko Zeta, (Paolo Buffagni), i dignitari Bogdanowitch (Alberto Crapanzano), Kromow (Davide Scigliano).

Vi sono anche Pristchistch (Marcello Siclari) e il cancelliere Njiegus (Giancarlo Ratti), che sembra rifarsi al personaggio Palestrione il servo geniale, giocoso e sprezzante nel Miles Gloriosus di Plauto.

Vittorio Emanuele, applausi per La Vedova allegra

Peculiarità dell’operetta sono i colpi di scena.

Si scopre che Danilo è un’antica fiamma per Hanna e basterà un valzer per riaccenderla.

E soltanto nel terzo atto il barone Zeta scoprirà che l’amore segreto di Camillo de Rossilon (Marco Miglietta) è la moglie Valencienne (Manuela Cocuccio).

Nella nota introduttiva del regista Victor Carlo Vitale si legge: «[…] trattandosi di una grande opera di scrittura, l’attualità ahinoi, ci riporta alla crisi di paesi, che ciclicamente si ripetono»

«Se riuscissimo a vederla, così come la risolvono i grandi autori, cioè giocandoci, sbeffeggiando e con ironia e dialogo soprattutto, ottenere la soluzione, sarebbe fantastico […]».

L’operetta ricomprende l’alternanza di parte recitata e cantata, tipica del Singspiel (genere operistico tedesco-austiaco), evoca l’opéra-comique francese e l’opera buffa italiana.

Pertanto, si presta a tenere l’attenzione sulla trama con leggerezza, portando in scena la cruda verità con irruenza giocosa e ironica, come magistralmente recitato dal Giancarlo Ratti.

Il cancelliere Njieus scombina, velocizza, irrompe, consiglia come uno stratega e fa riflettere in sordina, così rappresentando il trait d’union con il presente, in particolare nel monologo che anticipa il terzo atto.

La musica diventa parte essenziale dell’operetta: vivace nei dialoghi corali, avvolgente negli incontri rivelatori di un sentimento ancora presente, trepidante nella malinconica ballata cantata dalla vedova Hanna.

Vittorio Emanuele, applausi per La Vedova allegra

La canzone della ninfa Vilja e delle sue trepidazioni d’amore – in contrasto con lo sfarzo esteriore allestito nel proprio palazzo, addobbato coi colori e costumi pontevedrini.

Chez Maxim è lo scenario del terzo atto, allestito dalla vedova con l’aiuto di Njiegus, in modo da imitare il locale notturno amato da Danilo.

Per farlo sentire “a casa propria” Hanna ingaggia seducenti grisettes (Milena Calarco, Maria Antonietta Corradino, Martina Decaria, Federica Gallo, Sara Palana, Caterina Verduci), che riproducono l’atmosfera gioviale della belle époque.

Dall’essenziale del primo atto si arriva all’esplosione di colori dell’ultima scena, in un climax scenografico e coreografico parallelo a quello sentimentale, segnato dalla festosità del can-can.

Conclude Victor Carlo Vitale: «Stiamo parlando di un’operetta, e non di un dramma!»

Dominga Carrubba

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