Presentato il romanzo “I cinque” di Vladimir Jabotinsky. Il libro di un ebreo eminente è stato commentato alla Biblioteca della Città Metropolitana di Catania.
PRESENTATO IL ROMANZO “I CINQUE” DI JABOTINSKY
Presentato il romanzo “I cinque” di Jabotinsky. “Il Maggio dei Libri” catanese è una lunga galoppata di carta (son ben156 le presentazioni editoriali previste) che può condurre anche a mete geograficamente lontane, nello spazio e nel tempo.
Può condurre, ad esempio, a Odessa, all’inizio del Novecento, quando quella città portuale dell’impero russo – strappata ai turchi nel 1789 e il cui porto fu fondato da Caterina II nel 1794 – era una fiorente comunità multietnica, nella quale convivevano russi, ucraini, lituani, greci, turchi, polacchi, moldavi, italiani, francesi e, soprattutto, ebrei.
E proprio il libro di un ebreo eminente di quel luogo è stato presentato venerdì 10 maggio alla Biblioteca della Città Metropolitana di Catania (che ha sede a Palazzo Minoriti, e il cui Responsabile è Mario Forgione).
Il suo autore è, infatti, Vladimir Jabotinsky e “I cinque” il titolo del volume (Voland Editore, 2018 – Traduzione e cura di Marta Zucchelli).
L’opera è stata dunque illustrata da Bruno Cappuccio, in dialogo con Giovanni Miraglia (che ha anche organizzato l’evento).
Dopo i saluti istituzionali, a nome della Biblioteca, della Dott.ssa Angela Bruno, la parola è passata a Miraglia, funzionario di quel Ministero per i Beni e le Attività Culturali che organizza sul piano nazionale “Il Maggio dei Libri”.
Egli ha introdotto brevemente al folto pubblico presente l’opera letteraria di cui si sarebbe discusso, e il suo esegeta, Bruno Cappuccio.
Il quale esercita nella vita civile la professione di Avvocato (brillantemente, peraltro) e nella vita intellettuale quella di studioso di letterature slave.
Qualità, questa, ben nota al colto pubblico del capoluogo etneo. Nessuno meglio di lui, quindi, per illustrare questo piccolo gioiello della letteratura ebrea in lingua russa.
Scritto nel 1935 da quel Vladimir Ze’ev Jabotinsky (Odessa1880-New York 1940), “prismatico” personaggio storico, che fu il fondatore del sionismo revisionista e della Legione Ebraica (inglobata nell’Esercito Britannico durante la Prima Guerra Mondiale).
Nonché padre spirituale della destra israeliana. Di cui Cappuccio ha delucidato esaurientemente le “sfaccettature” della sua formazione intellettuale di ebreo “russificato” e non praticante.
Il quale esordisce come esteta decadente e uomo di lettere, che già all’età di 17 anni è apprezzato giornalista; e che, insofferente al clima della sua città, a neanche vent’anni si muove alla volta di Berna e, poi, di Roma.
Dove risiede tre anni, imparando bene l’italiano, consegnandoci acute cronache della vita parlamentare e civile dell’inizio del secolo; e in cui matura un ideale di nazione – che poi trasferirà alla sua idea di Paese sionista – che acquisirà dall’esempio di Garibaldi.
E poi dalle “impressioni” derivategli da figure quali il socialista Antonio Labriola (e Jabotinsky pubblicò sui articoli anche su “L’Avanti!”); o dal giurista positivista Enrico Ferri; o, ancora, dall’economista Maffeo Pantaleoni; e, ultimo ma non meno importante, da Benedetto Croce.
Mentre ne “I cinque” Jabotinsky narra di quella città di frontiera, che era caravanserraglio di popoli e di culture, che suggestionò Aleksandr Puškin e Mark Twain, per esempio; e che in questo romanzo rivive in un sorprendente affresco d’inizio ‘900 ricco di contaminazioni.
Laddove il narratore del romanzo stesso (alter ego dell’autore) è, appunto, un giovane giornalista ebreo russificato che intraprende un viaggio immaginario nel luogo della sua giovinezza (ricordiamo che Jabotinsky scrive questo testo nel ’35).
Un viaggio in quel vivace centro portuale sulle coste del Mar Nero, quindi, in cui “incontra” la famiglia Mil’grom, emblema della borghesia ebraica d’inizio secolo in via di decadenza, narrando le vicende dei cinque figli – Marusja, Marko, Lika, Serëža e Torik.
Vicende che portano luce sul destino e il mondo perduto degli ebrei odessiti in tutto il suo colore e la sua vitalità, tra vulnerabilità storica ed eterno ottimismo.
Vicende che sono state esaurientemente ripercorse da Bruno Cappuccio, che ha sondato ad ampio raggio il variegato mondo di quella città, e in particolar modo della sua comunità ebraica.
Nonché la vicenda personale di Jabotinsky, intellettuale cosmopolita in origine, che i periodici Pogrom scagliati contro la sua comunità ne mutarono la natura in nazionalista.
Sionista di destra, dunque, e pronto a impugnare le armi per la difesa del “focolare nazionale” ebraico in Palestina. Morto però a New York, nel 1940, mentre faceva proselitismo per la sua causa.
Foto Francesco Sabbia
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