AGRIGENTO: FRATELLINI AVVELENATI, CONTINUANO LE INDAGINI

Agrigento. Quali sono i motivi che hanno indotto a mettere il veleno sul cibo? Questo è quello che si domandano tutti, compresi gli inquirenti che conducono le indagini su questa tragica e assurda vicenda. In lacrime, distrutti dal dolore, Daniel e Marica Lupescu, i genitori di Sebastian Lupescu il loro bambino di 5 anni morto due giorni fa per i postumi di un avvelenamento provocato dall’ingestione di alcuni cioccolatini che contenevano pesticida. continuano a chiedersi il perchè di quell’atroce gesto. Ai carabinieri hanno chiesto “giustizia” per loro, per il figlio morto, ma anche anche per gli altri due loro bambini, Alexandro e Inonout, di 7 e 10 anni, anche loro avvelenati dai cioccolatini, ma ormai fuori pericolo. Ai militari dell’Arma ripetono di “non avere nemici” e che il loro “desiderio è sapere cosa è accaduto” e quindi che la giustizia trionfi e che confidano in una rapida soluzione della tragica vicenda.

Disposta dalla Procura di Agrigento la restituzione della salma ai familiari, che avrebbero espresso l’intenzione di rientrare in Romania per seppellirlo nel paese natale. Il procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e il sostituto Andrea Maggioni, titolari dell’inchiesta, hanno infatti deciso di non disporre la prevista autopsia. Gli esami tossicologici già eseguiti, infatti, hanno chiarito le cause dell’avvelenamento: un pesticida usato in agricoltura, ma la cui vendita era vietata in Italia dal 2008 perchè inodore e incolore. Sarebbe stato messo nei cioccolatini che erano in una busta di plastica di colore giallo, assieme a una bottiglia di vino e delle arance, che ignoti avevano lasciato davanti la porta della casa della famiglia rumena. I ragazzini l’hanno trovata e portata in casa, e festeggiato con i cioccolatini avvelenati.

I carabinieri del Ris di Messina che sono alla ricerca di impronte digitali o tracce di Dna per risalire all’autore della “trappola” concentrano buona parte delle indagini sul pesticida, non più in vendita nei paesi Ue, e sul confezionamento dei dolcetti al caffè riempiti con la sostanza velenosa, e poi riavvolti con del nastro adesivo. Le indagini dei militari dell’Arma del comando provinciale di Agrigento ipotizzano l’omicidio volontario. La tesi privilegiata è che l’obiettivo dell’avvelenatore non fossero i bambini e che il gesto volesse essere una “punizione”, forse andata anche oltre le intenzioni, nei confronti di adulti, ma anche su questo fronte al momento mancano certezze. Gli investigatori hanno ascoltato e reinterrogato familiari, parenti e amici per avere un quadro delle dinamiche sociali, affettive e lavorative interne alla famiglia Lupescu e ai loro rapporti interpersonali, per non lasciare alcunchè di intentato. Dalle indagini è emerso che la famiglia, è un nucleo “ben inserito” nel contesto sociale ed economico di Naro. Ben voluti dai vicini di casa, che sono stati i primi a prestare soccorso ai bambini insieme ai genitori dei piccoli, e nel quartiere. Un quadro complessivo sereno che rende difficile trovare l’autore e il movente del fatto sul quale i genitori della vittima continuano a domandarsi i motivi del mostruoso e infame gesto.

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