TEATRO STABILE CATANIA: SUCCESSO DE LA CAGNOTTE DI LABICHE

Un cauchemar divertente, un incubo comico, interpretato magistralmente con attori in splendida forma, che si divertivano e facevano divertire gli spettatori piacevolmente stupiti dalle note del pianoforte di Giuseppe Infarinato.

 

 

TEATRO STABILE CATANIA: SUCCESSO DE LA CAGNOTTE DI LABICHE –

La prima della Cagnotte al Teatro Stabile Verga di Catania, prodotto dallo stesso, del tutto briosa, tecnica e innovativa. Un vaudeville (è un genere teatrale nato in Francia alla fine Settecento. Il termine “vaudeville” indica le commedie leggere in cui alla prosa vengono alternate strofe cantate su arie conosciute appunto vaudevilles dalla cittadina francese in cui ebbero successo) a firma di Eugène Marin Labiche (Parigi, 6 maggio 1815 – Parigi, 22 gennaio 1888) drammaturgo francese. Un cauchemar divertente, un incubo comico, interpretato magistralmente con attori in splendida forma, che si divertivano e facevano divertire gli spettatori piacevolmente stupiti dalle note del pianoforte di Giuseppe Infarinato. Ebbene sì! Sentire i “nostri” attori cantare in francese, scendere e avvicinarsi tra il pubblico, è stata una fantastica emozione che ha coinvolto in maniera interattiva gli spettatori. Quando uno spettacolo andrebbe rivisto per cogliere la sapiente regia, l’equilibrata bravura dei cinque personaggi principali che sono sempre in scena, ognuno con le proprie caratteristiche e peculiarità, non deve più giustificare il suo esistere. Con Labiche i personaggi nascono come funghi, e quando non sono personaggi, sono situazioni, addentellate complicazioni. In alcuni casi, come nella Cagnotte, sono ambienti, con l’inevitabile contorno di tipi: infatti nel primo atto di questa commedia, eccoci in un salotto borghese di provincia, nel cambio di scena in un ristorante parigino, nel terzo cambio in un commissariato di polizia, nel secondo atto nei locali d’un’agenzia matrimoniale, nel cambio di scena in una strada popolare dove c’è un edificio in costruzione. Una simile mobilità, fa pensare più a Shakespeare, che non alla rivista vaudeville. la-cagnotte-9Ne deriva che le commedie di Labiche hanno un moto vertiginoso. E anche le soluzioni, per quanto facili, per quanto miracolistiche, grazie alla futilità del tema fondamentale e alla perfetta orologeria del meccanismo dei nessi, non danno mai l’impressione di forzato, di voluto, come spesso accade nelle commedie a intrigo. Sono un’ennesima piroetta. Eccezionali Champbourcy, Pippo Pattavina, raffinato signore di campagna che sia in piedi, sdraiato, a carponi e nelle situazioni più allucinanti non perdeva mai il suo aplomb di “maitre a penser”; Leonida l’attempata sorella zitella una formidabile Margherita Mignemi; Blanche la figlia una fresca ingenua Valeria Contadino; Gian Paolo Poddighe nella veste di Cordenbois il farmacista vecchione ringalluzzito; Vittorio Viviani nel ruolo di Colladan, zotico proprietario terriero mai pago della sua saggezza contadina; Giovanni Argante nelle sembianze di Cocarel abile ruffiano; Benjamin furbo ed irreprensibile cameriere Riccardo Maria Tarci; Sylvain figlio sventato e perdigiorno di Colladan Alessandro Idonea e non ultimi ma necessari collanti l’implacabile assistente del commissario Fulvio D’angelo, Michele Arcidiacono, Pietro Casano, Luciano Fioretto. Grazie alla regia di Walter Pagliaro che ha saputo firmare sapientemente un genere che messo in scena con le dovute maestranze, non ha niente da temere né dal tempo né dalla globalizzazione della cultura virtuale.

Susanna Basile

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