DISOCCUPAZIONE: SFIDUCIATI NON CERCANO IMPIEGO, 7 MLN SENZA LAVORO

La tragedia dei senza lavoro: il massimo si registra al Sud. Meno della metà dei laureati trova un impiego dopo i tre anni dal conseguimento del titolo. È quanto emerge dalle tabelle Istat sul primo trimestre 2015 secondo le quali ci sono ancora 3,3 milioni di disoccupati.

 

DISOCCUPAZIONE: SFIDUCIATI NON CERCANO IMPIEGO, 7 MLN SENZA LAVORO –

Disoccupazione. Nel complesso le persone senza occupazione ma disponibili sono quasi sette milioni. In Italia ci sono oltre 3,5 milioni di persone che, pur essendo disponibili a lavorare, non cercano impiego, 1,6 mln dei quali perché scoraggiati. È quanto emerge dagli ultimi sondaggi Istat nel primo trimestre 2015 secondo i quali ci sono ancora 3,3 milioni di disoccupati. Il massimo è stato registrato nel Mezzogiorno con 2,280 milioni di “sfiduciati”, in crescita di circa 200.000 unità sullo stesso periodo dell’anno precedente. A queste persone nel Sud si aggiungono 1,5 milioni di disoccupati (in calo di circa 100.000 unità rispetto all’anno prima). Oltre tre milioni su sette dei senza lavoro pur essendo disponibili a lavorare, hanno meno di 35 anni. Sono, infatti, in questa fascia di età (15-34 anni) 1.663.000 disoccupati e 1.347.000 tra coloro che si dicono disponibili a un impiego ma non hanno fatto azioni di ricerca attiva nelle settimane precedenti la rilevazione. Se nel primo trimestre sono aumentati gli occupati (133.000 in più rispetto al primo trimestre 2014) sono cresciute anche le forze di lavoro “potenziali”, ovvero le persone formalmente inattive ma pronte a uscire dall’inattività, e in particolare tra queste coloro che si dichiarano disponibili a lavorare pur non cercando impiego (da 3,25 milioni del primo trimestre 2014 a 3,55 del primo trimestre 2015 con una crescita di 300.000 unità).
In Italia meno di due persone su tre, tra i 15 e i 64 anni, si trova nel mercato del lavoro (tra lavoratori e coloro che cercano), il livello più basso in Europa. È quanto si rileva dalle tabelle Istat sulle percentuali di attività in Ue secondo le quali l’Italia ha fatto passi avanti in questi ultimi 10 anni inferiori alla media e resta con il 63,9% quasi 10 punti al di sotto della media Ue-28 (72,3%). La responsabilità è soprattutto del basso tasso di attività femminile (54,4%), di oltre 12 punti inferiore alla media Ue e di circa 25 punti rispetto alla Svezia (79,3%).
In Italia meno della metà dei laureati trova lavoro entro i tre anni dal conseguimento del titolo, una percentuale di quasi trenta punti inferiore alla media europea disoccupazione_mezzogiornopari al 78,2% – nell’Ue 28%. Questi dati risultano da Eurostat 2014 secondo i quali i giovani tra i 20 e i 34 anni che lavorano a tre anni dalla laurea sono il 49,6%. L’ultima è solo la Grecia con il 45%. In Italia la percentuale dei laureati che trova un’occupazione entro tre anni dalla laurea è diminuita di quasi 18 punti dal periodo pre-crisi (era al 67% nel 2008) al 2014 (46,9%). Nello stesso periodo la media dell’Ue a 28 ha perso meno di sette punti. Le differenze con gli altri Paesi sono significative, a partire dalla Germania che registra un tasso di laureati occupati a tre anni dal titolo del 92,4%, in crescita dall’89,6% del 2008. Solo nell’ultimo anno in Italia si sono persi oltre 5 punti (dal 54,7% al 49,6%) mentre la Francia si manteneva vicina all’80% (dal 79,5% al 78,2%) e il Regno Unito viaggiava sull’83% (dall’84,7%).
Eurostat, nelle sue tabelle segnala che le percentuali sono ancora più drammatiche se si considera chi ha un lavoro entro tre anni dal termine del periodo formativo avendo ottenuto solo il diploma: tra i 20 e i 34 anni, per questo l’Italia scende vertiginosamente all’ultimo posto con appena il 36,9% di occupati, piazzandosi in fondo peggio della Grecia con il 38,4%. Tra i detentori di solo un diploma la percentuale di chi ha un lavoro a tre anni dalla maturità è calata a picco nell’arco di sei anni dal 2008 al 2014 di oltre 20 punti passando dal 59% al 36,9%. Nello stesso periodo la media dell’Ue attestata è passata dal 76,4% al 70,5% , mentre la Germania ha avuto un netto incremento dall’81,9% all’87,5%.

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